A partire dalla fine del XV secolo, l’Occidente europeo cambia radicalmente il modo di combattere. Lo sforzo tecnologico accelera. Le armi da fuoco diventano finalmente efficienti. Le fortificazioni si trasformano: i bastioni a punta di freccia sostituiscono le mura alte e merlate. Quanto alle dotazioni personali, il passaggio dall’archibugio al moschetto al fucile a baionetta, tra Cinque e Settecento, è altrettanto decisivo. Nel frattempo, si rinnova l’organizzazione delle forze armate. La dimensione degli eserciti cresce enormemente. Muta anche la composizione interna degli eserciti: la fanteria diventa la regina delle armi e la cavalleria la specialità dei giovani gentiluomini. Si tratta di ordinamenti sempre più professionalizzati. Dai mercenari del Seicento, accompagnati in guerra anche da donne e bambini, si passa ai reparti ben allineati e disciplinati del Settecento, con quadri permanenti. Nella guerra sul mare, poi, la battaglia di Lepanto non si impone affatto come modello: l’era della galera tramonta a metà Seicento. Grandi vascelli, che montano a bordo fino a 120 cannoni, dominano i mari. I velieri di nuova generazione sono impensabili senza uno Stato forte. Servono equipaggi addestrati, materiali, pezzi da fuoco e munizioni: cioè denaro, denaro, denaro. Lo stesso si può dire degli eserciti di terra. Così, la guerra diventa un costosissimo affare di Stato. I governi si adeguano tentando di riformare profondamente le finanze, ma non tutti riescono a tenere il passo. Di tutte queste trasformazioni parlano innanzi tutto i trattati di arte militare del tempo. Tuttavia, è il combattimento il momento di verifica per eccellenza. Gli indizi dei processi in atto emergono dalle testimonianze lasciate dai protagonisti. Non parliamo soltanto dei grandi comandanti. A partire dalla prima metà del Seicento, prendono la parola anche i soldati semplici. Per la prima volta, per misurare l’impatto di quella che viene chiamata la “rivoluzione militare” dell’età moderna, si darà loro voce.
La guerra in età moderna
Giampiero Brunelli
2021-01-01
Abstract
A partire dalla fine del XV secolo, l’Occidente europeo cambia radicalmente il modo di combattere. Lo sforzo tecnologico accelera. Le armi da fuoco diventano finalmente efficienti. Le fortificazioni si trasformano: i bastioni a punta di freccia sostituiscono le mura alte e merlate. Quanto alle dotazioni personali, il passaggio dall’archibugio al moschetto al fucile a baionetta, tra Cinque e Settecento, è altrettanto decisivo. Nel frattempo, si rinnova l’organizzazione delle forze armate. La dimensione degli eserciti cresce enormemente. Muta anche la composizione interna degli eserciti: la fanteria diventa la regina delle armi e la cavalleria la specialità dei giovani gentiluomini. Si tratta di ordinamenti sempre più professionalizzati. Dai mercenari del Seicento, accompagnati in guerra anche da donne e bambini, si passa ai reparti ben allineati e disciplinati del Settecento, con quadri permanenti. Nella guerra sul mare, poi, la battaglia di Lepanto non si impone affatto come modello: l’era della galera tramonta a metà Seicento. Grandi vascelli, che montano a bordo fino a 120 cannoni, dominano i mari. I velieri di nuova generazione sono impensabili senza uno Stato forte. Servono equipaggi addestrati, materiali, pezzi da fuoco e munizioni: cioè denaro, denaro, denaro. Lo stesso si può dire degli eserciti di terra. Così, la guerra diventa un costosissimo affare di Stato. I governi si adeguano tentando di riformare profondamente le finanze, ma non tutti riescono a tenere il passo. Di tutte queste trasformazioni parlano innanzi tutto i trattati di arte militare del tempo. Tuttavia, è il combattimento il momento di verifica per eccellenza. Gli indizi dei processi in atto emergono dalle testimonianze lasciate dai protagonisti. Non parliamo soltanto dei grandi comandanti. A partire dalla prima metà del Seicento, prendono la parola anche i soldati semplici. Per la prima volta, per misurare l’impatto di quella che viene chiamata la “rivoluzione militare” dell’età moderna, si darà loro voce.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.