Introduzione. Secondo la teoria degli ambiti (Turiel, 1983; Nucci, 2001) gli individui distinguono precocemente tra norme morali (obbligatorie, universali ed impersonali), convenzionali (stabilite da un’autorità, non universali e non generalizzabili a tutte le circostanze) e personali (di pertinenza esclusiva del soggetto). Nell’ambito di tale modello teorico, alcuni ricercatori hanno rilevato come gli individui non sempre concordino su quale sia il dominio al quale ascrivere la norma. Queste divergenze possono essere ricondotte a variabili macro-culturali (Shweder et al., 1997), a tratti personali o alle esperienze di socializzazione. L’esistenza di un bias nell’interpretazione di violazioni morali in chiave convenzionale o personale sembra essere associato ad un maggiore coinvolgimento in condotte aggressive (Nucci & Herman, 1982; Turiel, 1987; Guerra et al., 1994; Blair, 1997; Blair et al., 2001; Leenders & Brugman, 2005). In una cornice teorica differente, alcuni studi hanno rilevato come l’esposizione ad una elevata violenza ambientale sia associata ad incremento di comportamenti aggressivi, non solo per l’apprendimento diretto di modelli comportamentali devianti ma anche per la mediazione di specifiche cognizioni sociali (credenze normative) responsabili di distorsioni sistematiche nell’interpretazione di eventi sociali e nel ragionamento su situazioni morali (Attar et al., 1994, Gorman-Smith & Tolan, 1998; Huesmann & Guerra, 1997; Ng-Mak et al., 2004 Shahinfar et al., 2000; Weaver et al., 2008). A partire da queste premesse, l’obiettivo del presente studio è stato quello di: (i) rilevare, in un campione di adolescenti, eventuali differenze individuali nell’operare giudizi su violazioni morali utilizzando criteri di tipo morale, convenzionale o personale, ipotizzando che soggetti che attribuiscono maggiore salienza ad aspetti non morali siano più coinvolti in condotte antisociali; (ii) verificare l’ipotesi che un contesto normativo “deviante” influenzi la tendenza ad attribuire maggiore salienza agli aspetti convenzionali o personali delle violazioni morali. Metodo La ricerca ha coinvolto 453 adolescenti, 247 maschi e 206 femmine (età media 16,71 anni, ds=1,13), iscritti al secondo e al quarto anno di scuola superiore. Sono state utilizzate le seguenti misure: i) una scala di comportamento antisociale (Bacchini & Affuso, 2006); ii) una scala di esposizione alla violenza nel quartiere (Bacchini e Affuso, 2006), sia come vittima che come testimone; iii) una scala di affiliazione con pari devianti (costruita ad hoc) che indagava la frequentazione di pari coinvolti in condotte devianti; iv) un questionario di attribuzione di ambito morale/non morale (costruito ad hoc) in cui venivano presentate alcune situazioni stimolo inerenti a violazioni di chiara natura morale. Successivamente si invitava il soggetto a valutare la gravità della violazione, la sua legittimità, la percezione di conseguenze negative per la vittima, la contingenza della regola e il ruolo dell’autorità, al fine di valutare la salienza attribuita ad aspetti propri dei diversi ambiti. Risultati In primis è stata testata, attraverso una analisi fattoriale confermativa (CFA), la validità di costrutto di una dimensione relativa all’interpretazione morale/non morale, indagata attraverso il questionario di attribuzione d’ambito. Attraverso la CFA è stata testata una soluzione monofattoriale di secondo ordine, che ha mostrato indici di adattamento accettabili: 2(176, N=453)=607.3, P<.05; NNFI=0.94; CFI=0.95; RMSEA=.07(.07; .08) confermando la plausibilità di una dimensione che misuri l’interpretazione delle trasgressioni in termini di ambito morale vs non morale. Successivamente, al fine di verificare la nostra ipotesi, abbiamo testato, simultaneamente per i maschi e per le femmine, un modello di equazioni strutturali nel quale l’effetto della esposizione a contesti devianti (quartiere e pari) agisce sulla condotta antisociale attraverso la mediazione dell’interpretazione morale/non morale. Il modello presenta buoni indici di adattamento: 2(75, N=453)=140.98, P<.05; NNFI=0.97; CFI=0.97; RMSEA=.06 (.05; .08) e spiega il 10% (M e F) della varianza relativa all’interpretazione in termini di ambito ed il 56% (M) e 59% (F) della varianza relativa al coinvolgimento in comportamenti antisociali. Discussione. I risultati della ricerca, coerentemente con le nostre ipotesi, mostrano che attribuire maggiore salienza ad aspetti non morali, quando si giudicano violazioni morali, predice livelli maggiori di coinvolgimento in comportamenti antisociali e che la maggiore esposizione a contesti devianti, sia all’interno della comunità che nel gruppo dei pari, è predittiva sia di questi pattern alternativi di interpretazione della trasgressione morale che del maggiore coinvolgimento in condotte devianti.
Attribuzione di ambito e condotte antisociali in adolescenza: l'influenza del contesto deviante
De Angelis G;
2011-01-01
Abstract
Introduzione. Secondo la teoria degli ambiti (Turiel, 1983; Nucci, 2001) gli individui distinguono precocemente tra norme morali (obbligatorie, universali ed impersonali), convenzionali (stabilite da un’autorità, non universali e non generalizzabili a tutte le circostanze) e personali (di pertinenza esclusiva del soggetto). Nell’ambito di tale modello teorico, alcuni ricercatori hanno rilevato come gli individui non sempre concordino su quale sia il dominio al quale ascrivere la norma. Queste divergenze possono essere ricondotte a variabili macro-culturali (Shweder et al., 1997), a tratti personali o alle esperienze di socializzazione. L’esistenza di un bias nell’interpretazione di violazioni morali in chiave convenzionale o personale sembra essere associato ad un maggiore coinvolgimento in condotte aggressive (Nucci & Herman, 1982; Turiel, 1987; Guerra et al., 1994; Blair, 1997; Blair et al., 2001; Leenders & Brugman, 2005). In una cornice teorica differente, alcuni studi hanno rilevato come l’esposizione ad una elevata violenza ambientale sia associata ad incremento di comportamenti aggressivi, non solo per l’apprendimento diretto di modelli comportamentali devianti ma anche per la mediazione di specifiche cognizioni sociali (credenze normative) responsabili di distorsioni sistematiche nell’interpretazione di eventi sociali e nel ragionamento su situazioni morali (Attar et al., 1994, Gorman-Smith & Tolan, 1998; Huesmann & Guerra, 1997; Ng-Mak et al., 2004 Shahinfar et al., 2000; Weaver et al., 2008). A partire da queste premesse, l’obiettivo del presente studio è stato quello di: (i) rilevare, in un campione di adolescenti, eventuali differenze individuali nell’operare giudizi su violazioni morali utilizzando criteri di tipo morale, convenzionale o personale, ipotizzando che soggetti che attribuiscono maggiore salienza ad aspetti non morali siano più coinvolti in condotte antisociali; (ii) verificare l’ipotesi che un contesto normativo “deviante” influenzi la tendenza ad attribuire maggiore salienza agli aspetti convenzionali o personali delle violazioni morali. Metodo La ricerca ha coinvolto 453 adolescenti, 247 maschi e 206 femmine (età media 16,71 anni, ds=1,13), iscritti al secondo e al quarto anno di scuola superiore. Sono state utilizzate le seguenti misure: i) una scala di comportamento antisociale (Bacchini & Affuso, 2006); ii) una scala di esposizione alla violenza nel quartiere (Bacchini e Affuso, 2006), sia come vittima che come testimone; iii) una scala di affiliazione con pari devianti (costruita ad hoc) che indagava la frequentazione di pari coinvolti in condotte devianti; iv) un questionario di attribuzione di ambito morale/non morale (costruito ad hoc) in cui venivano presentate alcune situazioni stimolo inerenti a violazioni di chiara natura morale. Successivamente si invitava il soggetto a valutare la gravità della violazione, la sua legittimità, la percezione di conseguenze negative per la vittima, la contingenza della regola e il ruolo dell’autorità, al fine di valutare la salienza attribuita ad aspetti propri dei diversi ambiti. Risultati In primis è stata testata, attraverso una analisi fattoriale confermativa (CFA), la validità di costrutto di una dimensione relativa all’interpretazione morale/non morale, indagata attraverso il questionario di attribuzione d’ambito. Attraverso la CFA è stata testata una soluzione monofattoriale di secondo ordine, che ha mostrato indici di adattamento accettabili: 2(176, N=453)=607.3, P<.05; NNFI=0.94; CFI=0.95; RMSEA=.07(.07; .08) confermando la plausibilità di una dimensione che misuri l’interpretazione delle trasgressioni in termini di ambito morale vs non morale. Successivamente, al fine di verificare la nostra ipotesi, abbiamo testato, simultaneamente per i maschi e per le femmine, un modello di equazioni strutturali nel quale l’effetto della esposizione a contesti devianti (quartiere e pari) agisce sulla condotta antisociale attraverso la mediazione dell’interpretazione morale/non morale. Il modello presenta buoni indici di adattamento: 2(75, N=453)=140.98, P<.05; NNFI=0.97; CFI=0.97; RMSEA=.06 (.05; .08) e spiega il 10% (M e F) della varianza relativa all’interpretazione in termini di ambito ed il 56% (M) e 59% (F) della varianza relativa al coinvolgimento in comportamenti antisociali. Discussione. I risultati della ricerca, coerentemente con le nostre ipotesi, mostrano che attribuire maggiore salienza ad aspetti non morali, quando si giudicano violazioni morali, predice livelli maggiori di coinvolgimento in comportamenti antisociali e che la maggiore esposizione a contesti devianti, sia all’interno della comunità che nel gruppo dei pari, è predittiva sia di questi pattern alternativi di interpretazione della trasgressione morale che del maggiore coinvolgimento in condotte devianti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.