Quando si ha l’opportunità di entrare nelle scuole con lo scopo di intervenire da un punto di vista educativo in contesti che restano ancora fra i più importanti per la ricerca d’ambito didattico/pedagogico, ci si rende conto, può capitare veramente dopo solo pochi minuti di permanenza in classe, della grande fragilità degli studenti, siano essi bambini, preadolescenti o adolescenti.Attraverso il Programma Operativo Nazionale (PON) del MIUR e i percorsi di alternanza scuola-lavoro finanziati dai Fondi Strutturali Europei, o grazie alle tante giornate seminariali e i convegni organizzati a ogni latitudine nel nostro Paese per prevenire e contrastare le diverse forme di bullismo e i nuovi disagi giovanili, si viene come metaforicamente in possesso della “chiave” d’accesso a un universo pressocché sconosciuto, ovvero la mente degli studenti - intesa quale “contenitore” di vissuti emotivi e cognitivi - in un tempo però, questo, che alcuni hanno a ragione definito una volta della “liquidità” delle relazioni, un’altra volta dell’“evaporazione” della famiglia.I nostri studenti, delle scuole di ogni ordine e grado, dunque i figli delle comunità che a dire il vero abitiamo troppo spesso frettolosamente, per chi scrive vivono, ognuno con gli strumenti mentali della propria età cronologica, una moltitudine di sollecitazioni emotive, di turbamenti affettivi e di avversità contingenti o strutturali che possono essere mal fronteggiate e non superate, evolvendo così pericolosamente nella direzione di severi quadri psicopatologici durante lo sviluppo.Lo testimoniano di continuo gli insegnanti quando li si incontra, alle prese con i bulli e i cyberbulli che arrivano sinanche a sfidarli in cattedra o in rete sui loro profili personali; lo dimostrano i vari rapporti sullo stato di benessere degli studenti e le strutture di neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza presenti sul territorio che sempre più diagnosticano deficit di attenzione, di iperattività, di condotta, del comportamento alimentare o autolesionistico, in breve tutta una serie di disturbi che raccontano le storie di giovani e giovanissimi corpi in eccessivo movimento che necessiterebbero invero di persone e istituzioni capaci di “contenerli” da un punto di vista educativo ed esistenziale.Se per un attimo pensiamo infatti a quei pochissimi studenti ancora frequentanti le scuole del quartiere napoletano di Scampia - che si contano sulle dita di una mano, non siedono fra i banchi a studiare, ma giocano e deridono i loro insegnanti per gran parte del tempo dedicato alla lezione -, queste biografie apparentemente senza progetto, a uno sguardo attento sono ancora lì ad attendere fiduciosi qualcuno davvero in grado di “tenerli a mente”, e nel cuore, per l’unicità che potrebbero di certo esprimere.Qual è, allora, l’“antidoto” da somministrare per guarire questo stato di cose?Dov’è possibile recuperare gli “ingredienti” e la “ricetta” per realizzarlo, nella speranza di farli diventare un po’ meno fragili?Cerchiamo, attraverso la storia del concetto di resilienza e le preziose testimonianze di alcuni studenti che hanno imparato a essere resilienti, di capirlo assieme.
Bambini, preadolescenti e adolescenti fragili. L'antidoto della resilienza
Romeo F
2019-01-01
Abstract
Quando si ha l’opportunità di entrare nelle scuole con lo scopo di intervenire da un punto di vista educativo in contesti che restano ancora fra i più importanti per la ricerca d’ambito didattico/pedagogico, ci si rende conto, può capitare veramente dopo solo pochi minuti di permanenza in classe, della grande fragilità degli studenti, siano essi bambini, preadolescenti o adolescenti.Attraverso il Programma Operativo Nazionale (PON) del MIUR e i percorsi di alternanza scuola-lavoro finanziati dai Fondi Strutturali Europei, o grazie alle tante giornate seminariali e i convegni organizzati a ogni latitudine nel nostro Paese per prevenire e contrastare le diverse forme di bullismo e i nuovi disagi giovanili, si viene come metaforicamente in possesso della “chiave” d’accesso a un universo pressocché sconosciuto, ovvero la mente degli studenti - intesa quale “contenitore” di vissuti emotivi e cognitivi - in un tempo però, questo, che alcuni hanno a ragione definito una volta della “liquidità” delle relazioni, un’altra volta dell’“evaporazione” della famiglia.I nostri studenti, delle scuole di ogni ordine e grado, dunque i figli delle comunità che a dire il vero abitiamo troppo spesso frettolosamente, per chi scrive vivono, ognuno con gli strumenti mentali della propria età cronologica, una moltitudine di sollecitazioni emotive, di turbamenti affettivi e di avversità contingenti o strutturali che possono essere mal fronteggiate e non superate, evolvendo così pericolosamente nella direzione di severi quadri psicopatologici durante lo sviluppo.Lo testimoniano di continuo gli insegnanti quando li si incontra, alle prese con i bulli e i cyberbulli che arrivano sinanche a sfidarli in cattedra o in rete sui loro profili personali; lo dimostrano i vari rapporti sullo stato di benessere degli studenti e le strutture di neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza presenti sul territorio che sempre più diagnosticano deficit di attenzione, di iperattività, di condotta, del comportamento alimentare o autolesionistico, in breve tutta una serie di disturbi che raccontano le storie di giovani e giovanissimi corpi in eccessivo movimento che necessiterebbero invero di persone e istituzioni capaci di “contenerli” da un punto di vista educativo ed esistenziale.Se per un attimo pensiamo infatti a quei pochissimi studenti ancora frequentanti le scuole del quartiere napoletano di Scampia - che si contano sulle dita di una mano, non siedono fra i banchi a studiare, ma giocano e deridono i loro insegnanti per gran parte del tempo dedicato alla lezione -, queste biografie apparentemente senza progetto, a uno sguardo attento sono ancora lì ad attendere fiduciosi qualcuno davvero in grado di “tenerli a mente”, e nel cuore, per l’unicità che potrebbero di certo esprimere.Qual è, allora, l’“antidoto” da somministrare per guarire questo stato di cose?Dov’è possibile recuperare gli “ingredienti” e la “ricetta” per realizzarlo, nella speranza di farli diventare un po’ meno fragili?Cerchiamo, attraverso la storia del concetto di resilienza e le preziose testimonianze di alcuni studenti che hanno imparato a essere resilienti, di capirlo assieme.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.