Nella primavera del 1998, un incidente fatale avvenuto all'interno della più grande fabbrica siderurgica dell’area jonica, scosse la vita di un’intera famiglia e di alcuni operai che quel giorno si trovavano a lavorare in quel reparto. Tra loro, c’era anche l’autore di questo scritto che oggi, dopo quasi dodici anni ed essendo nel tempo divenuto formatore, sente la necessità di riflettere sulle possibili soluzioni culturali, pertanto non solo tecnico-operative, degli infortuni sui luoghi di lavoro. La riflessione nasce dall’incontro con Giovanni, il maestro ed operaio specializzato, al quale era stata affidata la sua formazione di tubista industriale all’epoca del racconto. Attraverso una sentita intervista, entrambi si rendono conto che il ricordo di pochi uomini, il loro, nel tempo si era dissolto nell'organizzazione, sottraendosi ad un suo possibile sedimento nella memoria collettiva. Chi scrive è convinto che, in tema di formazione in merito alla sicurezza sul lavoro, la riflessione compiuta sui ricordi personali e la loro successiva capitalizzazione nel "deposito della memoria collettiva organizzativa" sia di fondamentale importanza. Accanto alle politiche di formazione tecnica per la gestione degli impianti e alle procedure legate all'utilizzo dei dispositivi di sicurezza, la speranza è che anche attraverso il ricordo degli infortuni dannosi, la loro commemorazione e la successiva capitalizzazione nelle coscienze di tutti gli operatori dell'organizzazione, si possa concorrere a prevenire gli incidenti e diminuire il peso sociale di questa problematica, che necessita di interventi che debbono necessariamente svolgersi su più piani.
Dal ricordo individuale alla memoria collettiva. Riflessioni per una "fabbrica della memoria"
ROMEO F
2010-01-01
Abstract
Nella primavera del 1998, un incidente fatale avvenuto all'interno della più grande fabbrica siderurgica dell’area jonica, scosse la vita di un’intera famiglia e di alcuni operai che quel giorno si trovavano a lavorare in quel reparto. Tra loro, c’era anche l’autore di questo scritto che oggi, dopo quasi dodici anni ed essendo nel tempo divenuto formatore, sente la necessità di riflettere sulle possibili soluzioni culturali, pertanto non solo tecnico-operative, degli infortuni sui luoghi di lavoro. La riflessione nasce dall’incontro con Giovanni, il maestro ed operaio specializzato, al quale era stata affidata la sua formazione di tubista industriale all’epoca del racconto. Attraverso una sentita intervista, entrambi si rendono conto che il ricordo di pochi uomini, il loro, nel tempo si era dissolto nell'organizzazione, sottraendosi ad un suo possibile sedimento nella memoria collettiva. Chi scrive è convinto che, in tema di formazione in merito alla sicurezza sul lavoro, la riflessione compiuta sui ricordi personali e la loro successiva capitalizzazione nel "deposito della memoria collettiva organizzativa" sia di fondamentale importanza. Accanto alle politiche di formazione tecnica per la gestione degli impianti e alle procedure legate all'utilizzo dei dispositivi di sicurezza, la speranza è che anche attraverso il ricordo degli infortuni dannosi, la loro commemorazione e la successiva capitalizzazione nelle coscienze di tutti gli operatori dell'organizzazione, si possa concorrere a prevenire gli incidenti e diminuire il peso sociale di questa problematica, che necessita di interventi che debbono necessariamente svolgersi su più piani.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.