Fino agli anni '50 e '60 del secolo scorso, la produzione e la distribuzione dei beni di prima necessità, come l'olio, il pane e il latte, erano inscindibilmente legate a specifiche pratiche socio-culturali e all'esperienza degli uomini che avevano lavorato con sacrificio per poterli ottenere. Le produzioni dei beni non erano tanto interessate ai mercati nazionali, internazionali e globali quanto alle piccole comunità, ai quartieri, alle abitazioni che vicine le une alle altre, più per i legami affettivi che nascevano che per le loro architetture, costituivano l'antico universo urbanistico delle case "a corte" salentine.Le esigenze del mercato di allora erano evidentemente diverse da quelle attuali, e riguardavano per lo più il rispetto per l'ambiente, l'eco-compatibilità delle lavorazioni, il transito inter-generazionale delle memorie artigiane, l'attenzione per le produzioni locali, il riciclaggio, il risparmio energetico e, soprattutto, la sostenibilità sociale dei beni di consumo.Parlare di sostenibilità sociale del bene di consumo significava, prima di tutto, porre attenzione alla solidarietà e al sostegno di fasce di popolazione in stato di bisogno. Dunque, un consumo inteso come sistema sociale votato all'impegno etico, all'educazione al consumo e all'educazione di piccoli consumatori che alle loro soddisfazioni personali anteponevano, sempre, quelle della dimensione collettiva.Per esempio, attraverso l'estrazione della memoria collettiva di Carpignano Salentino, un piccolo comune della provincia di Lecce, scopriamo che dietro le grandi produzioni d'olio di oliva dei proprietari terrieri c'era un sistema di produzione e consumo socio-compatibile che garantiva anche alle fasce più povere l'approvvigionamento di piccole partite d'olio.Infatti, dalle interviste individuali e collettive, vale a dire gli strumenti di indagine principali della metodologia di estrazione della memoria collettiva, è emerso un passato recente in cui i prodotti di consumo erano prima di tutto beni comuni inscritti all'interno di pratiche sociali adeguate a favorire il benessere e la cura della comunità.Gli studi sulla memoria collettiva, dall'approfondimento teorico all'utilizzo sul campo dei suoi strumenti d'indagine più importanti, possono risultare importanti quando si parla di consumo etico, specialmente nel momento in cui partendo da incompleti ricordi individuali, in questo saggio chiamati ricordi-lucciola in onore al pensiero di Pier Paolo Pasolini, si riesce a capacitare la memoria attorno a pratiche sociali dimenticate e, questo l'auspicio più grande, a progettare interventi educativi e formativi che abbiano come obiettivo più urgente la regolamentazione etica del consumo.
Ricordi-lucciola: per un consumo etico della memoria
ROMEO F
2012-01-01
Abstract
Fino agli anni '50 e '60 del secolo scorso, la produzione e la distribuzione dei beni di prima necessità, come l'olio, il pane e il latte, erano inscindibilmente legate a specifiche pratiche socio-culturali e all'esperienza degli uomini che avevano lavorato con sacrificio per poterli ottenere. Le produzioni dei beni non erano tanto interessate ai mercati nazionali, internazionali e globali quanto alle piccole comunità, ai quartieri, alle abitazioni che vicine le une alle altre, più per i legami affettivi che nascevano che per le loro architetture, costituivano l'antico universo urbanistico delle case "a corte" salentine.Le esigenze del mercato di allora erano evidentemente diverse da quelle attuali, e riguardavano per lo più il rispetto per l'ambiente, l'eco-compatibilità delle lavorazioni, il transito inter-generazionale delle memorie artigiane, l'attenzione per le produzioni locali, il riciclaggio, il risparmio energetico e, soprattutto, la sostenibilità sociale dei beni di consumo.Parlare di sostenibilità sociale del bene di consumo significava, prima di tutto, porre attenzione alla solidarietà e al sostegno di fasce di popolazione in stato di bisogno. Dunque, un consumo inteso come sistema sociale votato all'impegno etico, all'educazione al consumo e all'educazione di piccoli consumatori che alle loro soddisfazioni personali anteponevano, sempre, quelle della dimensione collettiva.Per esempio, attraverso l'estrazione della memoria collettiva di Carpignano Salentino, un piccolo comune della provincia di Lecce, scopriamo che dietro le grandi produzioni d'olio di oliva dei proprietari terrieri c'era un sistema di produzione e consumo socio-compatibile che garantiva anche alle fasce più povere l'approvvigionamento di piccole partite d'olio.Infatti, dalle interviste individuali e collettive, vale a dire gli strumenti di indagine principali della metodologia di estrazione della memoria collettiva, è emerso un passato recente in cui i prodotti di consumo erano prima di tutto beni comuni inscritti all'interno di pratiche sociali adeguate a favorire il benessere e la cura della comunità.Gli studi sulla memoria collettiva, dall'approfondimento teorico all'utilizzo sul campo dei suoi strumenti d'indagine più importanti, possono risultare importanti quando si parla di consumo etico, specialmente nel momento in cui partendo da incompleti ricordi individuali, in questo saggio chiamati ricordi-lucciola in onore al pensiero di Pier Paolo Pasolini, si riesce a capacitare la memoria attorno a pratiche sociali dimenticate e, questo l'auspicio più grande, a progettare interventi educativi e formativi che abbiano come obiettivo più urgente la regolamentazione etica del consumo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.