Il saggio, muovendosi su un asse cronologicamente lungo, si occupa della portata molto significativa dello specifico “genere” letterario della forma apologo (che tanto deve nel suo stesso statuto alla favola). Infatti, sia la favola che l’aforisma, o il detto oppure l’apologo, sono chiamati a rappresentare l’impianto morale della "narratio brevis", soprattutto se a parlare sono gli animali, spesso in un rovesciamento parodico e paradossale, come nella letteratura del Cinquecento. Dopo la messa in campo umanistica di Alberti, Collenuccio e Pontano, uno dei casi più famosi e di successo è quello della "Circe" di Giovan Battista Gelli, nel quale solo l’elefante – che ha una tradizione emblematica importante – decide di voler tornare ad essere uomo, così come nell’ "Asino", poemetto in terzine incompiuto, la scrittura sarcastica di Machiavelli si scaglia contro l’antropocentrismo arrogante dell’uomo che crede di voler essere superiore alle bestie; e il monologo finale del maiale che preferisce “voltolarsi” nel fango piuttosto che tornare ad essere uomo lo testimonia. Ma gli animali parlanti e il filone esopico della favola hanno una grande fortuna anche dopo e le "Operette morali" di Leopardi ne segnano una tappa straordinaria, portando nel Novecento una tradizione che da Tozzi a Palazzeschi fino a Manganelli e Trevi non sembra esaurirsi, al contrario sembra mostrare ancora una grande vitalità.
La voce “morale” degli animali dal Cinquecento a Leopardi e oltre
Calitti, Floriana
2020-01-01
Abstract
Il saggio, muovendosi su un asse cronologicamente lungo, si occupa della portata molto significativa dello specifico “genere” letterario della forma apologo (che tanto deve nel suo stesso statuto alla favola). Infatti, sia la favola che l’aforisma, o il detto oppure l’apologo, sono chiamati a rappresentare l’impianto morale della "narratio brevis", soprattutto se a parlare sono gli animali, spesso in un rovesciamento parodico e paradossale, come nella letteratura del Cinquecento. Dopo la messa in campo umanistica di Alberti, Collenuccio e Pontano, uno dei casi più famosi e di successo è quello della "Circe" di Giovan Battista Gelli, nel quale solo l’elefante – che ha una tradizione emblematica importante – decide di voler tornare ad essere uomo, così come nell’ "Asino", poemetto in terzine incompiuto, la scrittura sarcastica di Machiavelli si scaglia contro l’antropocentrismo arrogante dell’uomo che crede di voler essere superiore alle bestie; e il monologo finale del maiale che preferisce “voltolarsi” nel fango piuttosto che tornare ad essere uomo lo testimonia. Ma gli animali parlanti e il filone esopico della favola hanno una grande fortuna anche dopo e le "Operette morali" di Leopardi ne segnano una tappa straordinaria, portando nel Novecento una tradizione che da Tozzi a Palazzeschi fino a Manganelli e Trevi non sembra esaurirsi, al contrario sembra mostrare ancora una grande vitalità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.