Il tema dei bambini abbandonati, venduti e schiavizzati sulle strade del mondo fu spesso trattato dalla stampa internazionale - in particolare quella londinese - che ne sfruttò la carica emotiva contribuendo a nutrire l’immaginario collettivo attraverso immagini grafiche, realistiche, sgargianti e malinconiche, che fornivano materiale per una ricca letteratura. Dei molti romanzi che vennero pubblicati all’epoca, resta ignota l’effettiva diffusione, ma rimane innegabile che taluni libri abbiano avuto un enorme successo, ne sono prova le varie edizioni e ristampe che si sono susseguite nei decenni fino ai giorni nostri. Questi racconti, strutturati specialmente per far presa sui giovani figli della piccola e media borghesia, riportavano, spesso con dovizia di particolari, le percosse e le brutalità cui erano sottoposti i protagonisti. Lo stile pesante, i personaggi privi di spessore psicologico, l’ampio uso di elementi patetici e di pietismi, la costante presenza della “tratta dei bambini” e le coordinate storico-sociali vagamente descritte erano caratteristiche tipiche e comuni di questa letteratura, che mirava a scuotere emotivamente, coinvolgere e turbare il lettore. Vi sono tuttavia elementi di sicuro interesse in questa produzione che, al fine di poter raggiungere il maggior realismo possibile, attingeva spesso alle inchieste effettuate dai consoli e dagli osservatori sociali rappresentando nei minimi dettagli, non solamente le condizioni dell’infanzia sfruttata, ma anche le specifiche prove cui i fanciulli venivano sottoposti, come quella di chiedere l’elemosina, lavorare in fabbrica o nelle temute vetrerie francesi. Il contributo intende indagare, con citazioni e riferimenti da alcuni testi di esempio, la rappresentazione che la narrativa per l’infanzia del periodo proponeva riguardo all’impiego minorile e quanto quest’ultima avesse in sé di realistico e veritiero.
Dalle fabbriche alle pagine dei libri: il destino dei piccoli lavoratori nella letteratura per l’infanzia di fine Ottocento
Michela Baldini
2023-01-01
Abstract
Il tema dei bambini abbandonati, venduti e schiavizzati sulle strade del mondo fu spesso trattato dalla stampa internazionale - in particolare quella londinese - che ne sfruttò la carica emotiva contribuendo a nutrire l’immaginario collettivo attraverso immagini grafiche, realistiche, sgargianti e malinconiche, che fornivano materiale per una ricca letteratura. Dei molti romanzi che vennero pubblicati all’epoca, resta ignota l’effettiva diffusione, ma rimane innegabile che taluni libri abbiano avuto un enorme successo, ne sono prova le varie edizioni e ristampe che si sono susseguite nei decenni fino ai giorni nostri. Questi racconti, strutturati specialmente per far presa sui giovani figli della piccola e media borghesia, riportavano, spesso con dovizia di particolari, le percosse e le brutalità cui erano sottoposti i protagonisti. Lo stile pesante, i personaggi privi di spessore psicologico, l’ampio uso di elementi patetici e di pietismi, la costante presenza della “tratta dei bambini” e le coordinate storico-sociali vagamente descritte erano caratteristiche tipiche e comuni di questa letteratura, che mirava a scuotere emotivamente, coinvolgere e turbare il lettore. Vi sono tuttavia elementi di sicuro interesse in questa produzione che, al fine di poter raggiungere il maggior realismo possibile, attingeva spesso alle inchieste effettuate dai consoli e dagli osservatori sociali rappresentando nei minimi dettagli, non solamente le condizioni dell’infanzia sfruttata, ma anche le specifiche prove cui i fanciulli venivano sottoposti, come quella di chiedere l’elemosina, lavorare in fabbrica o nelle temute vetrerie francesi. Il contributo intende indagare, con citazioni e riferimenti da alcuni testi di esempio, la rappresentazione che la narrativa per l’infanzia del periodo proponeva riguardo all’impiego minorile e quanto quest’ultima avesse in sé di realistico e veritiero.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.