Solamente giocando di squadra e mettendosi insieme, infatti, è possibile raggiungere quelli che sono gli obiettivi del motto olimpico altius, citius, fortius, quelli più alti, ardui e difficili. Ha una dimensione formativa, lo sport, che non può separarsi da quella ludica e «amatoriale», anche ai livelli più alti del professionismo. Come le membra formano un corpo, sottolinea Papa Francesco, così i giocatori formano una squadra e le persone formano una comunità. In questo senso, «lo sport può essere simbolo di unità per una società, un’esperienza di integrazione, un esempio di coesione e un messaggio di concordia e di pace. Oggi abbiamo tanto bisogno di una pedagogia di pace, di far crescere una cultura di pace, a partire dalle relazioni interpersonali quotidiane per arrivare a quelle tra i popoli e le nazioni. Se il mondo dello sport trasmette unità e coesione può diventare un alleato formidabile nel costruire la pace».Non si deve ritenere che la disciplina sportiva sia recente. Invero è possibile rintracciarne i fondamenti nell’esperienza giuridica antica, greca e romana . Fonti atecniche, papiri ed epigrafi, in mancanza di fonti giuridiche numericamente copiose, delineano principi e regole che consentono di parlare di precedenti del diritto sportivo, della configurabilità di un «fenomeno sportivo prima del fenomeno sportivo»: è possibile ricavare sub specie iuris indicazioni preziose sulla condizione giuridica degli agonisti, sui valori di lealtà, probità e correttezza; sul rispetto delle regole interne di ciascuna disciplina; sull’illecito, dalle lesioni alle scommesse, alle sanzioni; alla relazione tra sport e politica. Mi limito in questa sede a presentare alcune questioni di interesse storico-giuridico, da cui prendere le mosse per riflette sulle radici del diritto sportivo contemporaneo. Nel mondo romano, la definizione di atletismo aveva contorni piuttosto fluidi. Pur esistendo in quella esperienza le tradizionali gare sportive di matrice greca, gli studiosi si sono molto spesi nell’analisi di altri fenomeni, riconducibili all’attività sportiva in senso decisamente più ampio. I Romani, infatti, praticavano largamente anche altri tipi di competizioni, fortemente sbilanciate nel senso della spettacolarizzazione dell’agonismo: le sfide gladiatorie, le corse con i carri, i combattimenti con le bestie. L’atletismo in quanto tale è, invece, menzionato in un piccolo corpus di testi della compilazione giustinianea che sembrerebbero presentare, sebbene allo stato embrionale, i precedenti di regole inerenti alla giustizia sportiva ancora oggi fondamentali. La cifra caratteristica dell’atleta romano, elevabile al rango di vera e propria definizione, era quella dell’uomo libero, fosse egli cittadino romano o straniero, che gareggiava gloriae et virtutis causa. Gli atleti, pur esibendosi in pubblico, non venivano per questo annoverati tra coloro «qui infamia notantur». L’atleta è cittadino del mondo: se ne trae, quindi, una concezione ecumenica, che supera i confini e i limiti della sovranità politica territoriale, basata su valori condivisi in quanto l’atletismo è lealtà e rispetto delle regole, impegno e sacrificio, inclusione e partecipazione che si oppone alle differenze e ai localismi; è riscatto ed ascesa.

Riflessioni storico-giuridiche sui fondamenti del diritto sportivo. Lo sport «bene comune e sociale» per la pace e la coesione e la cittadinanza dell’atleta

Maria Vittoria Bramante
2024-01-01

Abstract

Solamente giocando di squadra e mettendosi insieme, infatti, è possibile raggiungere quelli che sono gli obiettivi del motto olimpico altius, citius, fortius, quelli più alti, ardui e difficili. Ha una dimensione formativa, lo sport, che non può separarsi da quella ludica e «amatoriale», anche ai livelli più alti del professionismo. Come le membra formano un corpo, sottolinea Papa Francesco, così i giocatori formano una squadra e le persone formano una comunità. In questo senso, «lo sport può essere simbolo di unità per una società, un’esperienza di integrazione, un esempio di coesione e un messaggio di concordia e di pace. Oggi abbiamo tanto bisogno di una pedagogia di pace, di far crescere una cultura di pace, a partire dalle relazioni interpersonali quotidiane per arrivare a quelle tra i popoli e le nazioni. Se il mondo dello sport trasmette unità e coesione può diventare un alleato formidabile nel costruire la pace».Non si deve ritenere che la disciplina sportiva sia recente. Invero è possibile rintracciarne i fondamenti nell’esperienza giuridica antica, greca e romana . Fonti atecniche, papiri ed epigrafi, in mancanza di fonti giuridiche numericamente copiose, delineano principi e regole che consentono di parlare di precedenti del diritto sportivo, della configurabilità di un «fenomeno sportivo prima del fenomeno sportivo»: è possibile ricavare sub specie iuris indicazioni preziose sulla condizione giuridica degli agonisti, sui valori di lealtà, probità e correttezza; sul rispetto delle regole interne di ciascuna disciplina; sull’illecito, dalle lesioni alle scommesse, alle sanzioni; alla relazione tra sport e politica. Mi limito in questa sede a presentare alcune questioni di interesse storico-giuridico, da cui prendere le mosse per riflette sulle radici del diritto sportivo contemporaneo. Nel mondo romano, la definizione di atletismo aveva contorni piuttosto fluidi. Pur esistendo in quella esperienza le tradizionali gare sportive di matrice greca, gli studiosi si sono molto spesi nell’analisi di altri fenomeni, riconducibili all’attività sportiva in senso decisamente più ampio. I Romani, infatti, praticavano largamente anche altri tipi di competizioni, fortemente sbilanciate nel senso della spettacolarizzazione dell’agonismo: le sfide gladiatorie, le corse con i carri, i combattimenti con le bestie. L’atletismo in quanto tale è, invece, menzionato in un piccolo corpus di testi della compilazione giustinianea che sembrerebbero presentare, sebbene allo stato embrionale, i precedenti di regole inerenti alla giustizia sportiva ancora oggi fondamentali. La cifra caratteristica dell’atleta romano, elevabile al rango di vera e propria definizione, era quella dell’uomo libero, fosse egli cittadino romano o straniero, che gareggiava gloriae et virtutis causa. Gli atleti, pur esibendosi in pubblico, non venivano per questo annoverati tra coloro «qui infamia notantur». L’atleta è cittadino del mondo: se ne trae, quindi, una concezione ecumenica, che supera i confini e i limiti della sovranità politica territoriale, basata su valori condivisi in quanto l’atletismo è lealtà e rispetto delle regole, impegno e sacrificio, inclusione e partecipazione che si oppone alle differenze e ai localismi; è riscatto ed ascesa.
2024
sport - etica - atletismo - Papa Francesco - precedenti del diritto sportivo - Cittadinanza dell'atleta
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12607/54964
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