L’articolo analizza il film 'La zona d’interesse' (Jonathan Glazer, 2023) come dispositivo geo-grafico capace di rappresentare la Shoah attraverso una riflessione critica sullo spazio, sul potere e sulla corporeità. A partire dal paradigma teorico-metodologico offerto dalle critical geopolitics e dai visual studies, il contributo, dunque, esplora il cinema come forma di scrittura geografica e strumento di produzione di immaginari politici e culturali. L'opera viene, pertanto, letta come una “mappa” della violenza biopolitica, in cui la prossimità tra la casa del comandante Höß e il campo di Auschwitz configura una tensione spaziale tra normalità domestica e disumanizzazione sistemica. Il film dischiude così una “geografia della Shoah”, dove la disposizione dei corpi, l’organizzazione architettonica e la costruzione del paesaggio visivo rivelano le logiche del controllo e della negazione. Attraverso un’analisi semiotica e spaziale, l'articolo si interroga su come il cinema possa farsi luogo di memoria, interrogando criticamente le forme di rappresentazione del trauma e le responsabilità etiche della visione.
Geo-grafie della Shoah. La spazializzazione del potere e dei corpi in 'La Zona d’interesse' (2023)
Patrizia MIGGIANO
2025-01-01
Abstract
L’articolo analizza il film 'La zona d’interesse' (Jonathan Glazer, 2023) come dispositivo geo-grafico capace di rappresentare la Shoah attraverso una riflessione critica sullo spazio, sul potere e sulla corporeità. A partire dal paradigma teorico-metodologico offerto dalle critical geopolitics e dai visual studies, il contributo, dunque, esplora il cinema come forma di scrittura geografica e strumento di produzione di immaginari politici e culturali. L'opera viene, pertanto, letta come una “mappa” della violenza biopolitica, in cui la prossimità tra la casa del comandante Höß e il campo di Auschwitz configura una tensione spaziale tra normalità domestica e disumanizzazione sistemica. Il film dischiude così una “geografia della Shoah”, dove la disposizione dei corpi, l’organizzazione architettonica e la costruzione del paesaggio visivo rivelano le logiche del controllo e della negazione. Attraverso un’analisi semiotica e spaziale, l'articolo si interroga su come il cinema possa farsi luogo di memoria, interrogando criticamente le forme di rappresentazione del trauma e le responsabilità etiche della visione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
